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Apr 21, 2011 - blog life    5 Comments

FAI CHE IL PIACERE NON DIVENTI UN DOVERE…

4eed58b4eddf40d962452838e80627b0.jpgSe per sei giorni cucinate polenta, quando, il settimo giorno ,servirete i tortellini,tutti saranno contenti e vi ringrazieranno.Se per sei giorni cucinate i tortellini,e il settimo giorno servite la 664db13c16594993d961a6466b1e8c75.gifpolenta,vedrete che tutti si lamentano.MORALE:peggio di quello che vi aspettate di leggere…date a loro la farina e che si arrangino!5133a4b31d855f90f15f379fffa46be6.jpg7f213077636468ad79bf1db985620739.jpg

Apr 7, 2011 - blog life    4 Comments

Problemi con la banca?

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Problemi con la banca?Inviare subito una segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato scrivendo una mail a: antitrust@agcm.it oppure chiamando il numero verde 800166661,istituito proprio contro le pratiche commerciali scorrette-

Feb 3, 2011 - blog life    3 Comments

INTERNET O NON INTERNET,QUESTO E’ IL PROBLEMA…!!!

Tutti matti per l’Internet

Gli psichiatri affermano che già milioni di persone nel mondo soffrono di una sindrome dissociativa indotta dall’uso eccessivo delle risorse web.

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Foto via Fotolia

Che per i bambini passare troppe ore davanti alla console non fosse salutare, già si sapeva; ma i più forse sottostimavano il rischio senza rendersi conto che la giovanissima età e la mancanza di parametri comparativi di valutazione potevano indurre fenomeni anche gravi di isolamento, dissociazione e transfert.

Dagli ultimi studi eseguiti in varie nazioni sembra tuttavia che anche gli adulti non siano affatto immuni dagli effetti negativi della sovraesposizione alle lusinghe dei lunghi collegamenti, specialmente da quando tecnologia e alta velocità hanno reso così piacevole l’interazione con il PC.

Si viene perciò spesso a creare, in modo tanto più subdolo quanto più impercettibile, una sorta di forte dipendenza dal mezzo, legata a una predisposizione a immedesimarsi in situazioni di fantasia, vivere avvenimenti in universi paralleli e interagire con una realtà fittizia attraverso i propri avatar, cioè personaggi fantastici che danno corpo all’immaginazione creativa.

Trance dissociativa quindi, oltre che vera e propria dipendenza dal PC; con la differenza che quest’ultima può essere ritenuta una vera e propria dipendenza psicofisiologica, a causa delle scariche adrenaliniche provocate dall’azione; né più né meno della dipendenza subita dal giocatore incallito che passa giorni e notti al tavolo verde o al casinò.

Nel caso del navigatore web tuttavia il caso è ancora più complesso, arrivando a concretizzare un disturbo (o meglio un insieme di distrurbi) ossessivo-compulsivo, una specie di trance dissociativa indotta dal terminale, un oscuro “male dell’Internet” tanto più presente in percentuale tra la popolazione anche adulta quanto maggiore e più agevole è la distribuzione del web sul territorio.

L’Internet Addiction Disorder (IAD) è uno stato di disagio mentale, possiamo dire una vera e propria malattia, che colpisce strati sempre più vasti di popolazione; ad esempio, si stima che nella sola Corea del Sud, dove 9 abitazioni su 10 sono dotate di collegamento Adsl o satellitare, circa 2 milioni e mezzo di persone trascorrano oltre 2 ore al giorno davanti al monitor e sono quindi potenzialmente vittime della sindrome.

Per combattere la dipendenza -le persone colpite non sono più in grado di scindere la realtà virtuale da quella effettiva e possono commettere atti socialmente inaccettabili anche perché facilmente in preda a deliri di onnipotenza- sono stati creati veri e propri centri di “disintossicazione” chiamati Internet Rescue Camp dove i drogati dall’internet vengono curati con le più moderne tecniche terapeutiche appicate in un ambito comportamentale ispirato alla più rigida disciplina militare.

La soluzione coreana è allo studio anche di altre nazioni che riportano effetti del tutto simili; USA, Giappone, Cina e Taiwan sono tra le realtà più avanzate nello specifico settore di cura e prevenzione anche perché ormai la letteratura medica riporta vere e proprie tabelle con le quali misurare il rapporto di dipendenza e i gradi di astinenza dal beneamato computer.

Anche in Italia si comincia a sentire il bisogno di centri di assistenza, per la prevenzione se non proprio per la cura, visto che l’informatizzazione da noi è ancora all’anno zero; tuttavia chi avesse urgenza di un consiglio o di un test, può rivolgersi alla SIIPAC, (Società Italiana per l’Intervento sulle Patologie Compulsive) un’associazione senza fine di lucro che -tra l’altro- è in grado di prestare la propria esperienza anche in questo specifico settore.

 

 

Dic 17, 2010 - blog life, motori    6 Comments

LE ROTONDE MAGICHE

L’uomo che odiava i semafori

Nessuno ha probabilmente mai sentito parlare di Frank Blackmore, morto a 92 anni qualche giorno fa. Eppure, come Churchill disse dei piloti della Royal Air Force dopo la seconda guerra mondiale, mai così tante persone hanno dovuto riconoscenza a così poche, e in questo caso a una sola: l’inventore delle moderne rotonde stradali.

Dovunque ce ne sia una, gli incidenti diminuiscono del 40 per cento e i feriti e le vittime del 90 per cento, senza contare – in Italia – il beneficio collaterale della scomparsa dei lavavetri.

La storia di Blackmore è davvero straordinaria e giustamente tutti i giornali inglesi lo hanno celebrato come un dimenticato eroe del nostro tempo. A Swindon e Hemel Hempstead ci sono ancora agli incroci le apparentemente complicatissime minirotonde che progettò all’inizio degli Anni 70. Le chiamano «rotonde magiche» perché, una volta entrato, ne esci illeso grazie a quella che sembra una magia, ma è solo il frutto dei brillanti calcoli di un ingegnere stradale appassionato.

Nato in Algeria da un missionario britannico e una svizzera francofona, Blackmore aveva ereditato dal padre l’inclinazione a fare qualcosa per gli altri e dalla madre un simpatico accento francese. Si era arruolato nella Raf nel 1939 e aveva combattuto in guerra, meritandosi una medaglia. Congedato nel 1959, aveva lavorato all’ambasciata inglese di Beirut come attaché e interprete.

Tornato a Londra, trovò un impiego come ingegnere del traffico al Transport and Road Research Laboratory, dove finalmente incontrò la propria ossessione: gli incroci stradali.

Li giudicava frustranti e inutili e pensava che dovesse esserci un modo per liberarsene. Gli uomini che nei weekend portano moglie e figli nei pressi di un aeroporto per vedere gli aerei decollare e atterrare forse sono persone insensibili, ma Blackmore era anche peggio. In qualunque viaggio, si fermava continuamente agli incroci, lasciava la moglie Eva e le due bambine in auto e osservava a lungo il traffico, immaginando soluzioni. Non c’è da meravigliarsi se il matrimonio durò poco. Al ritorno da ogni vacanza, i rullini fotografici contenevano centinaia di immagini di incroci, cartelli stradali e automobili, e nessuna della famiglia.

Anche quando andò a Parigi, Frank non perse tempo a visitare il Louvre o a salire sulla Tour Eiffel. Scalò direttamente l’Arc de Triomphe, che sta al centro della prima rotonda della storia, e osservò per ore non lo splendido panorama, ma il traffico. Poiché le foto che scattava agli incroci non rendevano giustizia alla complessità del problema, si inventò il modo di riprenderli in un solo fotogramma, usando una fotocamera montata su un bastone e puntata verso uno specchio concavo.

In un paese in cui si guida a sinistra, Blackmore si fece promotore di una campagna perché nelle rotonde la precedenza fosse data a destra e inventò le minirotonde destinate a snellire il traffico senza rallentarlo, le prime delle quali furono sperimentate a Peterborough nel 1969. Fu una giornata memorabile, perché per quasi 24 ore quell’instancabile ingegnere in camicia bianca, la parte terminale della cravatta infilata nella cintura, rimase nell’incrocio reggendo un microfono in una mano e un altoparlante nell’altra, dando istruzioni agli automobilisti su come affrontare la novità.

Era così generoso e dedito agli altri da risultare a volte imbarazzante. Se qualcuno apprezzava una giacca che portava, se la toglieva e gliela regalava. Tutti gli esperti di traffico sono concordi nel dire che dobbiamo a Blackmore la maggiore sicurezza degli incroci nei paesi europei, senza che lui ne abbia ricavato nulla oltre al suo stipendio. Il più bel necrologio per ricordarlo lo ha messo online Leif Ourston, la cui impresa costruisce rotonde in Canada: se Frank è in Paradiso – ha scritto – sta sicuramente spiegando a Dio come può sistemare meglio gli incroci del cielo.
 

The Magic Roundabout Swindon
 
Magic Roundabout sign

Se gentilmente prima di spiegarlo a Dio volesse fare un salto in Italia a spiegare alla maggioranza degli italioti che devi dare precedenza a sinistra quando entri in una rotonda……sarebbe altresì interessante scoprire chi è l’italiano che ha deciso che all’interno delle rotonde ci devi sempre mettere un’opera d’arte contemporanea orrenda…

Dic 10, 2010 - blog life    15 Comments

IL TEMPO VOLA VIA…

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Vorrei ma non ho tempo
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“Eh, non ho tempo nemmeno per lavare l’insalata, ecco perché la compro incellofanata anche se so che non è ecologico”. Quante volte sentiamo affermazioni simili. Poco giustificate nella fattispecie – lavare l’insalata richiede attimi. A volte proprio sbagliate, come quando dicono: “Uso l’auto perché non ho tempo di aspettare i mezzi pubblici”. Bene: Ivan Illich tempo fa calcolò che l´automobile è un mezzo lentissimo, perché procurarsela e mantenerla costa molte ore di lavoro. Si tratta di pensare in prospettiva e non nel brevissimo periodo.

Sul lato politico, ci si può chiedere perché gli aumenti di produttività non vanno più da tempo a finire nella riduzione dell’orario di lavoro ma piuttosto nei profitti. O perché non si liberano le strade urbane dalle auto che fanno perdere tempo negli spostamenti. Domande retoriche.

Fatto sta che, anche se sembra paradossale, sono proprio i tanti mezzi tecnologici e l’eccesso di merci a disposizione che comprimono il tempo. Primo, per avere e usare tante cose occorre spendere tante ore nel lavoro. Secondo, la stessa fruizione fa perdere tempo (code, ingorghi, manutenzioni, pulire gli oggetti in eccesso). Terzo, la società dei consumi ci offre sempre più oggetti e impegni e presunti divertimenti e “opportunità” (avvelenate) mentre la giornata continua a essere di 24 ore.

Che fare? Alcune ricette per trovare tempo. Anche per essere ecologisti.

* Più tempo meno cose. Rallentando, avendo più tempo, rallentano i consumi. Chi va di fretta consuma di più anche perché riflette meno e tralascia abitudini ecologiste.

* L’auto lentezza. E’ stato calcolato che nelle città con oltre 500mila abitanti – quelle oltretutto più dotate di mezzi pubblici – nel traffico congestionato si perdono oltre 170 ore all´anno per auto.

* Non sprecarlo stoltamente. Di tempo se ne perde anche tanto; salvo poi dire di non averne. Ad esempio perché quasi un italiano su due, adulti e infanti, si dedica quotidianamente ai giochini sul computer, o sulle playstation, o sul cellulare o infine nelle sale giochi. E “cerca di ricordare (…) il tempo che ti hanno portato via l´inutile dolore, la sciocca allegria, un´avidità insaziabile e il frivolo conversare” (sempre Seneca). Telefonino, telefono e email, con parsimonia.

* Più cose insieme. Possiamo tenere le mani occupate – a schiacciare le nocciole, a cucinare, a stirare – mentre intratteniamo amici o ascoltiamo la radio. Un giro nel verde con i figli soddisfa in una volta due bisogni, stare con loro e stare nella natura; e magari un terzo, quello alimentare, se raccogliamo erbe e frutti mangerecci.

* Un libro per i mezzi pubblici. Nelle code, sui bus nel traffico (ma anche in attesa di una riunione che tarda a iniziare), una cosa si può fare sempre: leggere.

* Difendersi dai ladri di tempo. Ladri esterni: riunioni troppo lunghe senza ragione, lunghe telefonate, interruzioni, eterne discussioni, disinformazione da eccesso di informazioni, timore di essere «tagliati fuori». Ladri interni: incapacità di dire dei no, assenza di piani di lavoro, sindrome del rimandare al domani, problemi di salute o di sonno.

 
Ott 17, 2010 - blog life    5 Comments

IL POTERE,GESTIONE O CONTROLLO?

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Il potere in sé non è né buono né cattivo, è uno strumento che, alla stregua degli altri, può essere utilizzato in modo utile, inutile o dannoso, rispetto alla propria crescita. Come ciascuno strumento, il potere non dovrebbe essere fine a se stesso, in quanto rappresenta una possibilità da utilizzare allo scopo di raggiungere uno o più obiettivi. E’ come un martello: lo acquisto e lo impugno per piantare un chiodo nel muro.
L’uso che la maggior parte delle persone fa del potere è, se osservato da un’ottica un po’ ingenua, assolutamente folle, in quanto il potere viene usato per scopi assolutamente diversi da quelli solitamente dichiarati: per sfoggiare una bella immagine di sé, per perpetuare lo stesso potere, o per guadagnarne altro (pensate al potere politico). E’ come comprare un martello solo per sfoggiarlo a coloro che entrano in casa, o per cominciarne una collezione.
Ciò porta subito nel vivo del discorso: la gestione o il controllo del potere?
Gestire un potere è l’unico modo per raggiungere gli obiettivi che ci si pone: soprattutto se si tratta di obiettivi elevati, non è possibile pensare di raggiungerli senza potere. Gestire un potere significa anche stabilire un rapporto equilibrato con esso e ciò significa vincere la prima tentazione offerta dal potere: l’attaccamento. Gestire un potere significa, per esempio, utilizzare il martello quando serve e poi riporlo, o prestarlo se è necessario. In questo caso, attaccarsi al potere significa ammirare il martello tutti i giorni, lucidarlo a volontà, profumarlo e vietare a chiunque di toccarlo.
Se utilizziamo il martello come esempio, è chiara l’assurdità, ma se al sostituiamo il martello con l’automobile, la casa, il denaro, il cellulare, o i vestiti, l’assurdità si camuffa in una dimensione definibile la “Assurda quotidianità”, che cela la propria follia nella automaticità con cui le persone solitamente vivono l’attaccamento quotidiano alle cose. Quindi, una bella automobile, o un bel cellulare, non servono per spostarsi velocemente o per parlare al telefono, ma per attrarre l’attenzione (e l’invidia) degli altri e, quindi, a colmare un vuoto invece di esplorarlo, nutrendo al tempo stesso, la stessa modalità nelle altre persone.
La gestione di un potere è possibile solo se riesco ad essere distaccato dal potere stesso: gestire un potere vuol dire utilizzarlo, senza farsi usare dal potere stesso. La gestione del potere richiede una certa consapevolezza ed una chiarezza nella direzione.
Il controllo del potere è esattamente il contrario della gestione: è possibile solo se si possiede una buona dose di inconsapevolezza e non si sa dove si sta realmente andando. Sono assolutamente convinto che se le persone vedessero realmente dove stanno andando, smetterebbero immediatamente di controllare il loro potere. Purtroppo, la maggioranza delle persone non ama il potere di Vedere realmente la direzione della propria vita, ma si contenta di poteri ben più miseri.
Nella gestione c’è un contatto reale col potere, perché esiste un centro sufficientemente robusto da non lasciarsi abbindolare dalle illusioni che provengono da ogni tipo di potere. Nel controllo, invece, il potere assume un ruolo di importanza eccezionale e ciò produce la nascita di una forte paura a perderlo, con la fiorente ricaduta di tutte quelle manovre destinate a creare prigioni, sia interne, che di relazione, per mantenerlo.
Aumentare il potere delle persone mostra subito l’energia tipica di ciascuno: ciò è lampante, se pensiamo all’ultimo soggiorno, in cui, a turno, ciascun operatore ha svolto una funzione di responsabilità rispetto al gruppo. E’ molto interessante osservare come il gruppo si muova orientando la sua energia rispetto al “responsabile” di turno ed è chiaro come ci sono persone che, al momento, non possono gestire il benché minimo potere, come altre persone possono (e dovrebbero) gestire un maggiore potere, sia per la propria crescita, che per quella degli altri.

Ago 29, 2010 - blog life    5 Comments

UN ARTICOLO A CASO,BASTA CAMBIARE NOME A CITTA’ E VIA E PUO’ BENISSIMO ANDARE BENE PER TUTTA ITALIA

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QUESTA FOTO L’HO SCATTATA IO DAVANTI A CASA MIA

La decenza prima di tutto
Occupati anche parcheggi per disabili

Scatta l’emergenza posti macchina davanti al Palazzo di Giustizia, in via Falcone e Borsellino. La mancanza di spazi auto coinvolge soprattutto due delle undici famiglie che abitano nello stabile davanti alla sede del Palazzo. Auto parcheggiate nei posti riservati a disabili e marciapiedi con tante buche

 
Testo molto piccolo Testo piccolo Testo normale Testo grande Testo molto grande

 Livorno – E’ emergenza posti macchina davanti a Palazzo di Giustizia in via Falcone e Borsellino e la mancanza di parcheggi coinvolge in modo più pesante due delle undici famiglie che abitano nello stabile proprio davanti alla sede degli uffici giudiziari. Due famiglie che avrebbero idealmente, perché nei fatti accade ben l’opposto, il diritto a trovare ‘libero’ il posto riservato ai disabili. Ma così non è anzi accade con molta frequenza che debbano andare alla ricerca del parcheggio in altre strade della zona. Una zona dove i parcheggi sono pochi. Il marciapiede del condominio dove abitano queste famiglie inoltre è un percorso ad ostacoli: pieno di buche. per chi come questi due pensionati cammina con difficoltà.

 

Non solo buche, ma anche biciclette parcheggiate sul marciapiede che rappresentano un ulteriore ostacolo per chi ha problemi di deambulazione. “Ho chiesto aiuto anche al sindaco parlandoci telefonicamente venerdì — racconta Vera — mio marito ha problemi di deambulazione cammina male. Stiamo al terzo piano e non abbiamo ascensore. Per noi il parcheggio è davvero importante così come è importante che rimettano a posto il marciapiede: mio marito è scivolato. E’una situazione che è diventata intollerabile”. Vera è una bella signora che parla con buonsenso. “Spesso non troviamo il parcheggio. Molte persone se ne infischiano che questi due posti sono riservati ai disabili e ci lasciano l’auto. A me è capitato di parcheggiarla nel posto riservato a Palazzo di Giustizia e mi hanno fatto la multa“.

 

“Nel fine settimana — aggiunge Annamaria, il marito ha 69 anni e cammina con difficoltà, abitano da 35 anni al primo piano dello stabile — la situazione è ancora più pesante perché se i parcheggi riservati sono occupati trovare posto nelle strade vicine è ancora più difficile. Ci sono tanti locali e tanti ristoranti e un parcheggio è un miraggio”. Ieri mattina incontro a Vera è andato il carabiniere che assiste alle udienze:è stato lui a trovare chi aveva parcheggiato nel posto per i disabili. “E’ necessario che questa situazione venga risolta una volta per tutte”, dicono anche altri condomini dello stabile che reclamano più parcheggi ed anche un marciapiede senza buche. Insomma chiedono una strada decente e che le persone abbiano buonsenso.

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