Nei paesaggi dell’Irlanda e della Gran Bretagna sono disseminati antichissimi “monumenti” megalitici: menhir, dolmen, pietre oscillanti e cromlech. Eppure queste pietre gigantesche furono collocate e ordinate secondo precisi calcoli astronomici da popolazioni all’apparenza primitive. Ma perché comunità dalla “economia di sussistenza” sentivano il bisogno di determinare con matematica sicurezza solstizi e movimenti lunari? Si può parlare di “ricerca scientifica” presso gli antichi Celti di Gran Bretagna e d’Irlanda? Un vecchio manoscritto conservato nella Biblioteca del Collegio del Corpus Christi a Cambridge raffigura il cerchio di pietre di Stonehenge con sotto questa didascalia.
“Stonehenge, presso Amersbury in Inghilterra. Nel 483 A.D. il Mago Merlino trasportò la danza dei Giganti dall’Inghilterra a Stonehenge”
Soffermiamoci sull’espressione “danza dei Giganti”. Durante tutto il Medio Evo, le pietre ritte, i dolmen, i menhir, i cromlech furono noti in tutta l’Europa sotto le varie denominazioni di “pietre delle fate, pietre vacillanti, pietre che girano “. L’arcivescovo di Uppsala in Svezia, Olaus Magnus, grande “fabbricatore” di libri, battezzò “danza dei Giganti” quegli strani cerchi di pietra, senza dubbio perché scorgeva in essi, al pari dell’amanuense del manoscritto di Cambridge, dei Giganti trasformati in pietra dal Mago Merlino durante un balletto misterioso. San Gildas vi scorgeva l’opera del diavolo:
“meraviglie diaboliche che superavano in mole e numero tutto ciò che aveva prodotto l’Egitto”.
Lasciamo le epoche mitiche. Già nel 1747 Stukeley propose una ardita ipotesi. Stukeley fu uno strano personaggio. Medico, si interessava più alle pietre ritte che abbondano nello Wiltshire, che non alla medicina. Fin dalla più tenera infanzia, visse in mezzo a quei cerchi magici di pietre elevate, di allineamenti geometrici, e li interrogava. Li abbandonava solo per meglio pensare ad essi. Al ritorno, attratto dal loro mistero, chiedeva ad essi in ginocchio il segreto della loro simmetrica disposizione. Un giorno, dopo anni di pazienza, di studi e di meditazioni, ritenne di averlo scoperto. Ecco, secondo lui. il segreto:
“Sulla collina Hakpen esiste un piccolo cerchio, che precede un viale formato da sei o otto pietre, orientate da est a ovest. Fra Kennet e Avebury, vi è un altro viale che conduce ai cerchi, ma con direzione nord-sud. Se si congiungono questi frammenti con una linea curva e si sa guardare, si distingue perfettamente che Hakpen è la testa di un serpente, il viale il suo corpo e Avebury è una parte sinuosa del corpo, la cui coda si trova tracciata – più lontano – dalle due pietre del dolmen chiamato “Rifugio della pietra lunga” e situato a mezza strada tra Avebury e l’estremità dell’animale.”
Stonehenge e i cromlech similari sono dunque testimonianze di un culto del serpente. A tale ofiolatria bisognava dare un nome per descrivere i templi all’aria aperta. Lo Stukeley dette loro il nome di “Dracontia”. Ed ecco, sulla base di molti testi latini, inventato di sana pianta un nuovo culto.
Tuttavia, poco a poco, alcune osservazioni dapprima fortuite, poi controllate e confrontate, indussero qualche dotto a pensare ad un rapporto tra la forma di Stonehenge, il suo orientamento e il corso del sole. Pare che il primo a richiamare l’attenzione su tale eventualità sia stato un certo John Smith nel 1771. Ma, prima di esporre teorie e ipotesi moderne sull’origine, la data e il significato di Stonehenge, conviene dire qualche parola sul monumento.
Stonehenge è inserita essenzialmente entro un’area rituale di forma circolare, delimitata da un fossato e da una serie di cerchi di pietre poste verticalmente, alle quali conduce un largo viale, orientato da nord a est e definito da due scavi. Al centro dell’area si innalzano altri monoliti, uno dei quali supera i dieci metri di altezza. Alcune pietre sostengono architravi che le uniscono due a due. Quattro di tali monoliti, sormontati da tre architravi, ancora si elevano così come erano all’origine, proprio di fronte al viale che conduce a Stonehenge.
Il cerchio di pietre esterno porta il nome di “Cerchio di Sarsen” espressione il cui significato si è perduto e che in senso stretto si applica soltanto ai menhir dello Wiltshire. La parola sarsen è stata poi estesa alla pietra arenaria a tubercoli con la quale tutti i monoliti sono stati realizzati. Il diametro del cerchio è di circa trenta metri. Sulla sua circonferenza si elevavano trenta monoliti; oggi ne rimangono solo sedici, che – quasi tutti – raggiungono i quattro metri di altezza. Gli architravi che li sormontano portano l’altezza complessiva a metri 4,75. Tali architravi, tagliati in forma di arco, sono leggermente più larghi alla sommità anziché alla base in modo da controbilanciare l’effetto della prospettiva. Essi erano fissati sulle pietre mediante un dado tagliato in modo da incastrarsi in una caletta ricavata nello spessore dell’architrave medesimo.
Nell’interno del Sarsen Circle vi è un secondo cerchio di ventitré metri di diametro: quello delle Pietre azzurre – Bluestone Circle – e di tali pietre ne restano una ventina, la maggior parte contrapposte diametralmente. Sempre verso l’interno, si succedono poi altri due ordini di pietre collocate in forma di ferro di cavallo, aperto in direzione nord-est.
Il primo, la cui costruzione ricorda quella del Sarsen Circle, era in origine formato da cinque gruppi di due monoliti, sormontati da un architrave. Il gruppo più alto raggiunge l’altezza di dieci metri. Il secondo, formato da strutture più piccole, conta diciannove pietre, la più alta delle quali raggiunge soltanto l’altezza di metri 2,40.
Al centro del monumento, entro il secondo ordine di pietre a ferro di cavallo., vi è una pietra piatta della lunghezza di circa cinque metri, coricata sul suolo. La forma e la giacitura le hanno valso il nome di “pietra di altare”, appellativo che niente può giustificare.
Questo è Stonehenge. Notiamo qualche altro particolare: all’esterno del Sarsen Circle si rilevano due serie di buche “Z” e “Y”, le prime a una distanza dal cerchio che varia fra metri 1,50 e metri 5. Le altre a circa 12 metri. La loro funzione rimane misteriosa. Non sembra esservi dubbio che furono scavate dopo l’erezione dei monoliti. In essi sono stati ritrovati resti di pietre e di vasellame. Infine, completamente all’esterno, contigua al fossato circolare, esiste una terza serie di buche, note sotto il termine di “Aubrey Holes”, dal cognome dell’antiquario che le scoprì nel 1666.
Queste ultime furono accuratamente scavate lungo la circonferenza di un cerchio di 85 metri di diametro e il loro centro non si allontana mai più di 30 o 35 centimetri da tale cerchio. Come le buche “Z” e “Y”, anche queste sono state trovato piene di resti diversi: ceneri di legna, residui di selci provenienti dal taglio di arnesi di pietra, tracce di cremazione ecc.
Sin qui nulla di eccezionale nella disposizione del complesso, se si eccettua la regolarità con cui sono collocati i grandi monoliti del Sarsen Cirele e del Bluestone Circle e anche naturalmente ciò che desta meraviglia, è la mole di lavoro che richiese l’erezione di quei massi. Solo ciò basterebbe a far ricercare i motivi che dettero origine a una simile impresa.
Soffermiamoci su qualche punto di rilievo: le Quattro Stazioni per esempio. E il nome dato a quattro punti situati sul cerchio delle buche di Aubrey, segnati alcuni da pietre, altri da monticelli (piccoli tumuli, prominenze di terreno, che non superano l’altezza di metri 1,50). Vi è anzitutto una pietra che porta il numero 91 – tutte le pietre di Stonehenge hanno un numero e sono numerate in senso orario partendo dal viale di nord-est – posta tra le buche di Aubrey 10 e 11. Continuando nella stessa direzione e seguendo il cerchio delle buche di Aubrey si trova, a ricoprire le buche 17 e 18, un monticello che porta il numero 92, circondato da un fosso poco profondo. Diametralmente opposti alla pietra 91 e al monticello 92, si trovano una seconda pietra, la 93, e un secondo monticello, il 94. Se si congiungono questi quattro punti, due a due mediante due linee, il 91 con il 93 e il 92 con il 94, si rileva che le due linee si intersecano al centro, o molto vicino, di Stonehenge ove formano un angolo di 60% corrispondente all’angolo al centro di un triangolo equilatero.
Vi è di più. La Pietra del Tallone, Heel Storie n. 96, che è posta a circa 77 metri dal centro di Stonehenge nel viale che conduce al monumento, è in fila con un’altra pietra larga, detta Pietra del Massacro – n. 95 – coricata nel passaggio che, attraverso il fosso circolare, conduce al viale del monumento.
Tale pietra è chiamata così perché sul suo lato esterno si scorge ancora la traccia del tallone del monaco contro il quale l’aveva scagliata il diavolo. La Hell Storie, che è circondata da un fosso, è leggermente inclinata verso il monumento e, questa sentinella isolata, posta come è nel viale e rivolta verso il “santuario”, sembra rendergli omaggio. L’inclinazione, che rammenta quella del fedele davanti alla divinità, rafforza l’effetto misterioso di quelle mute testimonianze di un culto dimenticato.
Davanti a tali quantità di pietre si può percepire la sensazione di un passato perduto nel subcosciente. Si comprende perché, nei secoli del Medio Evo mistico quando l’immaginazione popolava l’universo di demoni, elfi, giganti e fate, fu naturale scorgere in Stonehenge, come in molti altri monumenti megalitici, fantastici balletti di giganti pietrificati, qui per opera di un mago, altrove per l’intervento di un santo. A Stonehenge il Mago Merlino, nelle lande di Auray, San Cornelio. Se ci si mette al centro di Stonehenge e si guarda nella direzione della Hell Stone, si nota anzitutto che la sommità di quella pietra coincide con l’orizzonte e, se ha scelto per l’osservazione il giorno del solstizio di estate, il 21 giugno, scopre che in quel giorno il sole appare sulla sommità della pietra. Sembra sia stato l’antiquario John Smith a constatare per primo, nel 1771, tale coincidenza. Nel 1901 l’astronomo inglese Sir Norman Lockyer riprese lo studio del fenomeno e cercò di stabilire in quale misura gli allineamenti di Stonehenge potevano avere una qualche relazione con il corso del sole.
Il problema consisteva anzitutto nel determinare se la Hell Storie era stata messa là dove si trova in modo che la sua sommità coincidesse col sorgere del sole in un dato momento dell’anno. Si è potuto calcolare che il sole doveva apparire nel viale centrale e sulla sommità della pietra nell’anno 1840 a.C. Ma sappiamo che ad ogni levata del sole corrisponde, in un dato momento dell’anno, un tramonto del sole diametralmente opposto che però si può osservare solo se i due orizzonti della levata e del tramonto sono alla stessa altezza sull’orizzonte, così come avviene in mare. Alla levata del sole, osservata sulla sommità della Hell Stone, il 21 giugno nel solstizio di estate, corrisponde dunque un tramonto del sole, diametralmente opposto, il 21 dicembre, giorno del solstizio di inverno.
Che cosa si nota a Stonehenge? Torniamo al nostro punto di osservazione e precisamente il centro del monumento. Da qui. il 21 dicembre, si scorge il tramonto del sole proprio a sinistra della pietra più alta, quella che segna il posto del gruppo di due pietre poste verticalmente sormontate da un architrave. Ossia, quando il monumento era intatto, il sole appariva inquadrato in quella porta rocciosa.
Nel 1912, John Abercromby fece al riguardo una osservazione molto pertinente. Sino allora, seguendo le conclusioni un poco arrischiate di Sir Norman Lockyer, dei suoi predecessori e dei suoi discepoli, si riteneva in generale che Stonehenge fosse un monumento associato ad un culto solare e che la grande festa di tale culto avesse luogo nel solstizio di estate, il 21 giugno. Con molta sagacia, Abercromby fece notare che non vi è alcun tempio, in qualsiasi religione, nel quale, una volta entrati, si ritorni verso l’ingresso per porsi di fronte al punto dove si celebra il culto. Sembra dunque improbabile che l’oggetto del culto celebrato a Stonehenge sia stato il sole del solstizio di estate. Al contrario si può benissimo supporre che sia stato piuttosto il sole del solstizio di inverno, in quanto in quel periodo poteva apparire inquadrato nel grande arco centrale del monumento.
Qualunque opinione si abbia di tali giochi siderali, come li considerano – spesso a ragione alcuni archeologi, bisogna riconoscere che nel caso specifico, eccezionale, esistono fatti dalla cui constatazione non si può prescindere. Nel 1846, il Reverendo Eliot Duke fece dal canto suo un certo numero di osservazioni curiose sulle Quattro Stazioni e vide che esisteva una relazione tra la loro posizione e i solstizi di estate e di inverno. Fu lui ad osservare che due linee congiungenti le stazioni 9193 e 92-94 si intersecavano al centro di Stonehenge. Parimenti sembra che, dopo alcune osservazioni più recenti, vi sia una relazione tra Hell Stone e le Quattro Stazioni e che questi cinque siti siano più antichi del monumento stesso.
Sembrerebbe inoltre che, stando al centro di Stonehenge sia possibile vedere la levata del sole, sulla sommità della pietra 93, il 6 maggio e l’8 agosto e, sulla sommità della pietra 91, il 5 febbraio e l’8 novembre. Date che possono essere considerate come corrispondenti all’inizio delle quattro stagioni.
Ciò premesso, stando alle teorie solari e tralasciando quelle puramente fantastiche, qual è il significato di questo strano monumento? Alcuni sostengono, forse a ragione, che si trattava di un tempio dedicato a un culto solare la cui grande festa coincideva con il solstizio di inverno. Altri, seguendo le concezioni di Sir Arthur Evans, l’esploratore di Creta antica e dei palazzi minoici, vi scorgono l’immagine di un labirinto, l’ingresso di una tomba mistica, di un antro spalancato che metteva in comunicazione il mondo sublunare con il mondo infernale.
Tutto ciò appare piuttosto fantastico. almeno sino a quando non sarà effettivamente stabilito a quale popolo e a quale civiltà appartenesse Stonchenge.
E’ impossibile, oggi, collegare Stonehenge a questa o quella civiltà conosciuta, della Gran Bretagna o del continente. Naturalmente si è parlato dei Druidi, ma è noto che ad essi non appartiene alcun monumento dell’epoca del Bronzo o dei periodi anteriori. Dal XVIII secolo in poi si sono collegati i Druidi con Stonehenge senza supporto alcuno, e ciò ha condotto soltanto ad un vicolo cieco. I Druidi arrivarono nella Gran Bretagna non prima del V secolo a.C. ma Stonehenge è, con ogni evidenza, appartenente ad un periodo storico molto più antico.
In generale si ammette che il monumento possa appartenere alla fine del periodo Neolitico britannico o all’inizio dell’Età del Bronzo. Questo perché si sa che alcune popolazioni neolitiche avevano l’abitudine di innalzare monumenti megalitici e anche perché diversi oggetti ritrovati a Stonehenge appartengono a tale epoca. Si noterà tuttavia che nessun monumento dell’epoca neolitica si apparenta, sia pur da lontano, a Stonehenge. Se dunque accettiamo l’ipotesi neolitica la realizzazione del monumento sarebbe avvenuta intorno al 1800 a.C.
Stuart Piggott, dell’Università di Edimburgo, che di recente ha studiato Stonehenge, ritiene che il monumento appartenga a due periodi. Assegna l’area rituale, il fossato e le buche Aubrey alla fine del Neolitico verso il 1900-1800 a.C. e gli oggetti trovati presso le Bluestone, il Sarsen Circle e le altre pietre in esso contenute, intorno al periodo compreso tra il 1500 e il 1300 a.C. Ricollega così Stonehenge alle collinette rotonde della civiltà del Wessex, verso la fine della prima età del Bronzo.
R.S. Newall, al contrario, distingue cinque stadi di costruzione, ma fa rilevare che è impossibile decidere se essi fanno parte di un solo e unico progetto oppure se è trascorso un periodo di tempo più o meno lungo fra ciascuno di essi. In contrasto con Piggott, Newall ritiene che i cinque gruppi di archi che formano a Stonehenge il cerchio esterno a ferro di cavallo, somigliano stranamente, per la loro forma, a quei cortili esterni ai “cairn” dell’Irlanda settentrionale che sono unanimemente assegnati all’epoca neolitica.
Nel 1951, l’Università di Edimburgo decise di iniziare una nuova serie di ricerche a Stonehenge. La spedizione era diretta da Stuart Piggott accompagnato da RJ.C. Atkinson, da J.F.S. Stone e da R.S. Newall. La missione si era proposta il compito di studiare soprattutto il problema della data di erezione delle diverse parti del monumento e di stabilire un rilievo fotografico completo.
La Hell Stone è la pietra di volta sulla quale si fonda l’intera teoria solare e fu pertanto su di essa che si appuntarono le ricerche degli scienziati. Fu praticata una analisi accurata del terreno ai piedi della medesima e i resti che furono raccolti, una volta analizzati con il metodo del carbonio radioattivo, fornirono la data del 1848 a.C. con un errore possibile di 275 anni.
Appare evidente la coincidenza di tale data con quelle già precedentemente indicate. Le buche “V” e “Z” fornirono parimenti alcune materie organiche che permisero di fissare la loro data al 1500 a.C. corrispondente all’età del Bronzo.
Una serie di immagini scolpite sulla pietra n. 53 raffiguranti una scure e un pugnale fornirono altri argomenti di indagine che ancora oggi sono rimasti al semplice stato di ipotesi.
Le lame di scure, raffigurate in grandezza naturale sulla pietra di Stonehenge, non creano difficoltà di interpretazione. Sono tutte del tipo usato in Inghilterra nell’età del Bronzo e un esemplare di questo tipo è stata trovato non lontano da Stonehenge e si trova oggi nel museo di Salisbury. Invece il pugnale trovato inciso sulla pietra 53 è di tipo sconosciuto nell’Europa occidentale di quell’epoca. Tale forma è di un tipo scoperto sulla costa dell’Egeo. Infatti una stele che sormonta una delle tombe preomeriche di Micene, ci fornisce un modello simile di tale arma. In essa vediamo raffigurato sopra un carro un guerriero armato di uno di tali pugnali. a lama triangolare. Le tombe di Micene sono assegnate al 1600-1500 a.C. Se dunque le sculture di Stonehenge raffigurano ciò che pare sia ammesso da tutti, un pugnale di tipo miceneo, avremmo una nuova indicazione di possibili rapporti tra il mondo Egeo e la Gran Bretagna durante l’età del Bronzo.
Ma il mistero tuttavia perdura completo, sia circa l’architetto, sia circa il popolo che si recava a Stonehenge per adorare il sole.
Quale fu il popolo che spostava come per gioco tali massi di pietra? Quali riti esso celebrava con lunghe processioni che percorrendo il viale a passi lenti si dirigevano verso il santuario?
Nei secoli trascorsi. erano offerti solo canti e preghiere oppure su quelle enormi e immense lastre di pietra, la Pietra del Massacro e l’Altare colò il sangue e al sole, fonte di ogni vita, furono offerti come nel Messico, cuori ancora palpitanti? Non sapremo mai niente di tutto ciò.
Talvolta dobbiamo rassegnarci a non sapere mai. Dopo il Mago Merlino, dopo la Danza dei Giganti, ecco ora che appare anche lo spettro di Dedalo che, proveniente dalla lontana Grecia anche lui erra, tra le rovine di Stonehenge, come il principe Oberon e il folletto Puck, il re Artù, la fata Morgana e i Cavalieri della Tavola Rotonda.
Il mistero rimane intatto!
Nota
Anche la letteratura si è ampiamente impadronita del mito di Stonehenge. Recentemente Edward Rutherfurd nel suo libro “Sarum” narra diecimila anni di storia, dall’ultima era glaciale ai giorni nostri, della magica piana di Sarum, nome anglo-latino di Salisbury, in mezzo alla quale sorge il tempio misterioso di Stonehenge, cuore geografico e spirituale dell’Inghilterra, crocevia di popoli e microcosmo ove si rispecchiano tutte le appassionanti e complesse vicende che hanno fatto la grandezza del nostro continente e dei popoli dai quali ognuno di noi discende.
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Un sorriso e Buon WeekEnd :))
non so perchè….ma leggendo questo post mi sono sentita come a ..casa.
Buon WE.
ciao laura….come mai hai tolto la chat….era così…comoda!!!!:-)
cmq…volevo salutarti e sapere come hai passato il weekend….
a presto, kissesssssss