il cassetto degli appunti

e se un lupo cova…

Da qualche giorno, il lupo stava seduto sopra le uova e le covava.Covando, il lupo s’era fatto un amico: un vecchio riccio dagli aculei brizzolati che, siccome era già in pensione, andava a spasso tutto il giorno per il bosco e spesso canticchiava la famosa canzoncina: «Andiamo per il bosco
a vedere se c’è il lupo:
lupo, ci sei?»
Pensate la meraviglia del riccio quando, andando per il bosco, il lupo lo trovò davvero.
«Scusi, ma lei è un lupo?» gli chiese tremebondo.
«Sì».
«E cosa sta facendo, se non sono importuno?».
«Quello che vede».
«Ma io vedo che sta covando. Però, mi permetta, essendo un lupo…».
«Essendo un lupo cosa?».
«… non dovrebbe covare!».
«E perché?».
«Perché i lupi non covano!».
«E chi l’ha detto?».
Il riccio ci pensò su a lungo. Non era un vero e proprio pensatore. Lui di mestiere aveva fatto il gonfiatore di palloncini. Suo padre, uomo severo e intransigente, lo aveva educato con rigore e gli aveva ripetuto per anni: «Scegli sempre la cosa più difficile, ragazzo mio!».
Così, quando s’era trattato di decidere del suo futuro, aveva scelto di gonfiare palloncini. Che, per un riccio, è sicuramente il mestiere più difficile del mondo, avendo tutti quegli aculei che sembrano fatti per bucar palloncini.
La sua vera passione però, adesso che era diventato vecchio, era il cinema. Quasi ogni sera andava a vedersi un film. Gli piaceva tutto del cinema, anche le poltroncine reclinate, i venditori di popcorn e i «prossimamente». I prossimamente gli piacevano più di tutto, non se ne perdeva uno, arrivava apposta un quarto d’ora prima e si godeva quei pezzettini di film futuri, titoli in programmazione, spezzoni di storie, immagini di qualcosa che verrà ma non c’è ancora.
Tanto, era scapolo. Sua madre lo aveva avvertito di lavorare meno, quand’era giovane: «Sta’ attento» gli diceva, «nessuna riccia ti vorrà se lavori troppo, diranno: eh, che si sposi uno dei suoi amati palloncini! Dammi retta, figlio mio, se vai avanti così ti perderai le ricce!». E infatti… Ah, quanto spesso hanno ragione le mamme! Se solo i figli le ascoltassero di più! Ma ormai era andata così, il riccio non poteva più far niente per correggere la direzione della sua vita.
Comunque ci pensò un bel po’, ma proprio non gli tornava che i lupi covassero: non l’aveva visto in nessun film, dunque non era realistico. Ci pensò così a lungo che passarono tre o quattro giorni.
Poi tornò dal lupo e disse:
«Lei mi vuole dire che la realtà spesso contraddice i film?».
«Esattamente» rispose il lupo, che non capiva cosa c’entrassero i film, e s’era pure dimenticato l’argomento iniziale, ma non voleva in nulla contraddire colui che gli pareva stesse per diventargli amico, perché a contraddirli subito, gli amici nuovi appena nati, poi si rischia di perderli.
Il giorno dopo il riccio tornò trascinandosi dietro una panchina. Ansimava, perché lui era vecchio e la panchina pesante, di quelle di una volta, con le listarelle di legno verniciate di verde.
La piazzò davanti al lupo, si sedette comodo e rimase ad osservarlo un po’. Il lupo armeggiava con le uova e sembrava in netta difficoltà. Le aveva messe in una bella cesta di vimini perché stessero più raccolte e addossate le une alle altre, e le andava risistemando ogni momento.
Poi provava a sedersi sopra, ma si teneva sollevato con la forza delle braccia facendo leva sul bordo della cesta, che però rischiava di rompersi.
Il problema infatti, per uno che voglia sedersi sulle uova, è di non schiacciarle.
«Scusi» s’intromise il riccio, «di questo passo combinerà una bella frittata! Lei è un lupo, signor Lupo, e i lupi sono pesanti…». Il lupo, scuro in muso, grugnì qualche storta sillaba come a dire che lo sapeva bene, ma non era colpa sua se era un lupo.
«Se permette» continuò il riccio, «avrei un’idea…».
Si assentò per un certo tempo, lasciando soli e smarriti il lupo, le uova e la panchina, e tornò trascinando un macchinario strano, che era la sua personale, vecchia gonfiatrice. Non la usava da un bel po’ e il meccanismo, semiarrugginito, perdeva colpi. Ci mise ore e ore per gonfiare una mezza dozzina di palloncini, poi li legò uno all’altro formando una specie di ciambella che sistemò attorno alle uova, e disse:
«Si accomodi, signor Lupo, adesso secondo me potrà covare tranquillo».
Il lupo grugnì qualche altra storta sillaba, ma ci provò: si sedette sui palloncini e si sentì sollevato. Molto sollevato da terra. Stava comodo e, cosa ben più importante, non schiacciava le uova, le sfiorava soltanto, dando loro comunque quel tepore di cui abbisognavano. Il grugno gli si aprì in un sorriso, ringraziò il riccio e i due divennero amici. Perché mai può nascere migliore amicizia, che quando uno dei due è felice di rendersi utile all’altro, e l’altro è felice che qualcuno si renda utile a lui.
Si presentarono, dunque, stringendosi la zampa:
«Piacere, Lupo» disse il lupo.
«Piacere, Richmond» disse il riccio.

 

Autore: Paola Mastrocola

e se un lupo cova…ultima modifica: 2008-12-01T16:15:00+01:00da
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