Ogni persona elimina 100 euro di cibo all’anno lo dice uno studio del politecnico di Milano. Il maggior spreco è nelle mense e nei ristoranti.
Però anche in casa si butta via cibo per timori infondati.
E’ vero che con il tempo si innescano alterazioni chimiche e microbiotiche in grado di cambiare le caratteristiche nutrizionali e organolettiche , ma difficilmente si trasformano in un pericolo per la salute.
Il mal di pancia, di solito, si scatena per contaminazioni microbiotiche esterne, interruzioni della catena del freddo o scarsa igiene in cucina.
La data sui prodotti freschi va rispettata, ma con flessibilità. Così nei mesi caldi è meglio anticipare di 24 ore il consumo d’insalata in busta o ricotta. Viceversa, il latte fresco, se ben conservato, si mantiene per ½ giorni dopo la scadenza. Lo yogurt scaduto da 7/10 giorni, in assenza di rigonfiamenti o muffe, si può mangiare , anche se, buona parte dei fermenti non sonno più vivi.
Anche per le uova si può tollerare qualche giorno, tagliatelle e ravioli freschi, si possono cucinare anche dopo una settimana dalla scadenza.
Pasta secca, riso, salsa, marmellata , maionese, sottaceti e surgelati, hanno un termine di scadenza da 3/6 mesi a 2 anni, è il periodo che sono garantite le caratteristiche nutrizionali e organolettiche al 100%.
Dopo sono ancora commestibili ma inizia un lento decadimento.
Un succo di frutta dopo 8/10 mesi ha meno sapore, l’olio extravergine e il caffè macinato, dopo un anno perdono aroma.
Pasta, tonno, pelati e cibi in scatola si possono consumare anche dopo 2/3 mesi dalla scadenza. Anche pesce, carne e piatti pronti surgelati non danno dopo 1 / 2 mesi dall’indicazione.
La scadenza si riferisce al prodotto integro quando viene aperto, se ci sono indicazioni di consumo, è meglio seguirle.