Giu 7, 2008 - magia    3 Comments

*STONEHENGE

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Nei paesaggi dell’Irlanda e della Gran Bretagna sono disseminati
antichissimi “monumenti” megalitici: menhir, dolmen, pietre oscillanti e
cromlech. Eppure queste pietre gigantesche furono collocate e ordinate
secondo precisi calcoli astronomici da popolazioni all’apparenza primitive.
Ma perché comunità dalla “economia di sussistenza” sentivano il bisogno di
determinare con matematica sicurezza solstizi e movimenti lunari? Si può
parlare di “ricerca scientifica” presso gli antichi Celti di Gran Bretagna e
d’Irlanda? Un vecchio manoscritto conservato nella Biblioteca del Collegio
del Corpus Christi a Cambridge raffigura il cerchio di pietre di Stonehengeaa246ab7f5ed6f6261cb0c960c479acb.jpg
con sotto questa didascalia.

“Stonehenge, presso Amersbury in Inghilterra. Nel 483 A.D. il Mago Merlino
trasportò la danza dei Giganti dall’Inghilterra a Stonehenge”

Soffermiamoci sull’espressione “danza dei Giganti”. Durante tutto il Medio
Evo, le pietre ritte, i dolmen, i menhir, i cromlech furono noti in tutta
l’Europa sotto le varie denominazioni di “pietre delle fate, pietre
vacillanti, pietre che girano “. L’arcivescovo di Uppsala in Svezia, Olaus
Magnus, grande “fabbricatore” di libri, battezzò “danza dei Giganti” quegli
strani cerchi di pietra, senza dubbio perché scorgeva in essi, al pari
dell’amanuense del manoscritto di Cambridge, dei Giganti trasformati in
pietra dal Mago Merlino durante un balletto misterioso. San Gildas vi
scorgeva l’opera del diavolo:

“meraviglie diaboliche che superavano in mole e numero tutto ciò che aveva
prodotto l’Egitto”.


Lasciamo le epoche mitiche. Già nel 1747 Stukeley propose una ardita
ipotesi. Stukeley fu uno strano personaggio. Medico, si interessava più alle
pietre ritte che abbondano nello Wiltshire, che non alla medicina. Fin dalla
più tenera infanzia, visse in mezzo a quei cerchi magici di pietre elevate,
di allineamenti geometrici, e li interrogava. Li abbandonava solo per meglio
pensare ad essi. Al ritorno, attratto dal loro mistero, chiedeva ad essi in
ginocchio il segreto della loro simmetrica disposizione. Un giorno, dopo
anni di pazienza, di studi e di meditazioni, ritenne di averlo scoperto.
Ecco, secondo lui. il segreto:

“Sulla collina Hakpen esiste un piccolo cerchio, che precede un viale
formato da sei o otto pietre, orientate da est a ovest. Fra Kennet e
Avebury, vi è un altro viale che conduce ai cerchi, ma con direzione
nord-sud. Se si congiungono questi frammenti con una linea curva e si sa
guardare, si distingue perfettamente che Hakpen è la testa di un serpente,
il viale il suo corpo e Avebury è una parte sinuosa del corpo, la cui coda
si trova tracciata – più lontano – dalle due pietre del dolmen chiamato
“Rifugio della pietra lunga” e situato a mezza strada tra Avebury e
l’estremità dell’animale.”

Stonehenge e i cromlech similari sono dunque testimonianze di un culto del
serpente. A tale ofiolatria bisognava dare un nome per descrivere i templi
all’aria aperta. Lo Stukeley dette loro il nome di “Dracontia”. Ed ecco,
sulla base di molti testi latini, inventato di sana pianta un nuovo culto.

Tuttavia, poco a poco, alcune osservazioni dapprima fortuite, poi
controllate e confrontate, indussero qualche dotto a pensare ad un rapporto
tra la forma di Stonehenge, il suo orientamento e il corso del sole. Pare
che il primo a richiamare l’attenzione su tale eventualità sia stato un
certo John Smith nel 1771. Ma, prima di esporre teorie e ipotesi moderne
sull’origine, la data e il significato di Stonehenge, conviene dire qualche
parola sul monumento.

Stonehenge è inserita essenzialmente entro un’area rituale di forma
circolare, delimitata da un fossato e da una serie di cerchi di pietre poste
verticalmente, alle quali conduce un largo viale, orientato da nord a est e
definito da due scavi. Al centro dell’area si innalzano altri monoliti, uno
dei quali supera i dieci metri di altezza. Alcune pietre sostengono
architravi che le uniscono due a due. Quattro di tali monoliti, sormontati
da tre architravi, ancora si elevano così come erano all’origine, proprio di
fronte al viale che conduce a Stonehenge.

Il cerchio di pietre esterno porta il nome di “Cerchio di Sarsen”
espressione il cui significato si è perduto e che in senso stretto si
applica soltanto ai menhir dello Wiltshire. La parola sarsen è stata poi
estesa alla pietra arenaria a tubercoli con la quale tutti i monoliti sono
stati realizzati. Il diametro del cerchio è di circa trenta metri. Sulla sua
circonferenza si elevavano trenta monoliti; oggi ne rimangono solo sedici,
che – quasi tutti – raggiungono i quattro metri di altezza. Gli architravi
che li sormontano portano l’altezza complessiva a metri 4,75. Tali
architravi, tagliati in forma di arco, sono leggermente più larghi alla
sommità anziché alla base in modo da controbilanciare l’effetto della
prospettiva. Essi erano fissati sulle pietre mediante un dado tagliato in
modo da incastrarsi in una caletta ricavata nello spessore dell’architrave
medesimo.


Nell’interno del Sarsen Circle vi è un secondo cerchio di ventitré metri di
diametro: quello delle Pietre azzurre – Bluestone Circle – e di tali pietre
ne restano una ventina, la maggior parte contrapposte diametralmente. Sempre
verso l’interno, si succedono poi altri due ordini di pietre collocate in
forma di ferro di cavallo, aperto in direzione nord-est.

Il primo, la cui costruzione ricorda quella del Sarsen Circle, era in
origine formato da cinque gruppi di due monoliti, sormontati da un
architrave. Il gruppo più alto raggiunge l’altezza di dieci metri. Il
secondo, formato da strutture più piccole, conta diciannove pietre, la più
alta delle quali raggiunge soltanto l’altezza di metri 2,40.

Al centro del monumento, entro il secondo ordine di pietre a ferro di
cavallo., vi è una pietra piatta della lunghezza di circa cinque metri,
coricata sul suolo. La forma e la giacitura le hanno valso il nome di
“pietra di altare”, appellativo che niente può giustificare.

Questo è Stonehenge. Notiamo qualche altro particolare: all’esterno del
Sarsen Circle si rilevano due serie di buche “Z” e “Y”, le prime a una
distanza dal cerchio che varia fra metri 1,50 e metri 5. Le altre a circa 12
metri. La loro funzione rimane misteriosa. Non sembra esservi dubbio che
furono scavate dopo l’erezione dei monoliti. In essi sono stati ritrovati
resti di pietre e di vasellame. Infine, completamente all’esterno, contigua
al fossato circolare, esiste una terza serie di buche, note sotto il termine
di “Aubrey Holes”, dal cognome dell’antiquario che le scoprì nel 1666.

Queste ultime furono accuratamente scavate lungo la circonferenza di un
cerchio di 85 metri di diametro e il loro centro non si allontana mai più di
30 o 35 centimetri da tale cerchio. Come le buche “Z” e “Y”, anche queste
sono state trovato piene di resti diversi: ceneri di legna, residui di selci
provenienti dal taglio di arnesi di pietra, tracce di cremazione ecc.

Sin qui nulla di eccezionale nella disposizione del complesso, se si
eccettua la regolarità con cui sono collocati i grandi monoliti del Sarsen
Cirele e del Bluestone Circle e anche naturalmente ciò che desta meraviglia,
è la mole di lavoro che richiese l’erezione di quei massi. Solo ciò
basterebbe a far ricercare i motivi che dettero origine a una simile
impresa.

Soffermiamoci su qualche punto di rilievo: le Quattro Stazioni per esempio.
E il nome dato a quattro punti situati sul cerchio delle buche di Aubrey,
segnati alcuni da pietre, altri da monticelli (piccoli tumuli, prominenze di
terreno, che non superano l’altezza di metri 1,50). Vi è anzitutto una
pietra che porta il numero 91 – tutte le pietre di Stonehenge hanno un
numero e sono numerate in senso orario partendo dal viale di nord-est –
posta tra le buche di Aubrey 10 e 11. Continuando nella stessa direzione e
seguendo il cerchio delle buche di Aubrey si trova, a ricoprire le buche 17
e 18, un monticello che porta il numero 92, circondato da un fosso poco
profondo. Diametralmente opposti alla pietra 91 e al monticello 92, si
trovano una seconda pietra, la 93, e un secondo monticello, il 94. Se si
congiungono questi quattro punti, due a due mediante due linee, il 91 con il
93 e il 92 con il 94, si rileva che le due linee si intersecano al centro, o
molto vicino, di Stonehenge ove formano un angolo di 60% corrispondente
all’angolo al centro di un triangolo equilatero.

Vi è di più. La Pietra del Tallone, Heel Storie n. 96, che è posta a circa
77 metri dal centro di Stonehenge nel viale che conduce al monumento, è in
fila con un’altra pietra larga, detta Pietra del Massacro – n. 95 – coricata
nel passaggio che, attraverso il fosso circolare, conduce al viale del
monumento.

Tale pietra è chiamata così perché sul suo lato esterno si scorge ancora la
traccia del tallone del monaco contro il quale l’aveva scagliata il diavolo.
La Hell Storie, che è circondata da un fosso, è leggermente inclinata verso
il monumento e, questa sentinella isolata, posta come è nel viale e rivolta
verso il “santuario”, sembra rendergli omaggio. L’inclinazione, che rammenta
quella del fedele davanti alla divinità, rafforza l’effetto misterioso di
quelle mute testimonianze di un culto dimenticato.

Davanti a tali quantità di pietre si può percepire la sensazione di un
passato perduto nel subcosciente. Si comprende perché, nei secoli del Medio
Evo mistico quando l’immaginazione popolava l’universo di demoni, elfi,
giganti e fate, fu naturale scorgere in Stonehenge, come in molti altri
monumenti megalitici, fantastici balletti di giganti pietrificati, qui per
opera di un mago, altrove per l’intervento di un santo. A Stonehenge il Mago
Merlino, nelle lande di Auray, San Cornelio. Se ci si mette al centro di
Stonehenge e si guarda nella direzione della Hell Stone, si nota anzitutto
che la sommità di quella pietra coincide con l’orizzonte e, se ha scelto per
l’osservazione il giorno del solstizio di estate, il 21 giugno, scopre che
in quel giorno il sole appare sulla sommità della pietra. Sembra sia stato
l’antiquario John Smith a constatare per primo, nel 1771, tale coincidenza.
Nel 1901 l’astronomo inglese Sir Norman Lockyer riprese lo studio del
fenomeno e cercò di stabilire in quale misura gli allineamenti di Stonehenge
potevano avere una qualche relazione con il corso del sole.

Il problema consisteva anzitutto nel determinare se la Hell Storie era stata
messa là dove si trova in modo che la sua sommità coincidesse col sorgere
del sole in un dato momento dell’anno. Si è potuto calcolare che il sole
doveva apparire nel viale centrale e sulla sommità della pietra nell’anno
1840 a.C. Ma sappiamo che ad ogni levata del sole corrisponde, in un dato
momento dell’anno, un tramonto del sole diametralmente opposto che però si
può osservare solo se i due orizzonti della levata e del tramonto sono alla
stessa altezza sull’orizzonte, così come avviene in mare. Alla levata del
sole, osservata sulla sommità della Hell Stone, il 21 giugno nel solstizio
di estate, corrisponde dunque un tramonto del sole, diametralmente opposto,
il 21 dicembre, giorno del solstizio di inverno.

Che cosa si nota a Stonehenge? Torniamo al nostro punto di osservazione e
precisamente il centro del monumento. Da qui. il 21 dicembre, si scorge il
tramonto del sole proprio a sinistra della pietra più alta, quella che segna
il posto del gruppo di due pietre poste verticalmente sormontate da un
architrave. Ossia, quando il monumento era intatto, il sole appariva
inquadrato in quella porta rocciosa.

Nel 1912, John Abercromby fece al riguardo una osservazione molto
pertinente. Sino allora, seguendo le conclusioni un poco arrischiate di Sir
Norman Lockyer, dei suoi predecessori e dei suoi discepoli, si riteneva in
generale che Stonehenge fosse un monumento associato ad un culto solare e
che la grande festa di tale culto avesse luogo nel solstizio di estate, il
21 giugno. Con molta sagacia, Abercromby fece notare che non vi è alcun
tempio, in qualsiasi religione, nel quale, una volta entrati, si ritorni
verso l’ingresso per porsi di fronte al punto dove si celebra il culto.
Sembra dunque improbabile che l’oggetto del culto celebrato a Stonehenge sia
stato il sole del solstizio di estate. Al contrario si può benissimo
supporre che sia stato piuttosto il sole del solstizio di inverno, in quanto
in quel periodo poteva apparire inquadrato nel grande arco centrale del
monumento.

Qualunque opinione si abbia di tali giochi siderali, come li considerano –
spesso a ragione alcuni archeologi, bisogna riconoscere che nel caso
specifico, eccezionale, esistono fatti dalla cui constatazione non si può
prescindere. Nel 1846, il Reverendo Eliot Duke fece dal canto suo un certo
numero di osservazioni curiose sulle Quattro Stazioni e vide che esisteva
una relazione tra la loro posizione e i solstizi di estate e di inverno. Fu
lui ad osservare che due linee congiungenti le stazioni 9193 e 92-94 si
intersecavano al centro di Stonehenge. Parimenti sembra che, dopo alcune
osservazioni più recenti, vi sia una relazione tra Hell Stone e le Quattro
Stazioni e che questi cinque siti siano più antichi del monumento stesso.

Sembrerebbe inoltre che, stando al centro di Stonehenge sia possibile vedere
la levata del sole, sulla sommità della pietra 93, il 6 maggio e l’8 agosto
e, sulla sommità della pietra 91, il 5 febbraio e l’8 novembre. Date che
possono essere considerate come corrispondenti all’inizio delle quattro
stagioni.

Ciò premesso, stando alle teorie solari e tralasciando quelle puramente
fantastiche, qual è il significato di questo strano monumento? Alcuni
sostengono, forse a ragione, che si trattava di un tempio dedicato a un
culto solare la cui grande festa coincideva con il solstizio di inverno.
Altri, seguendo le concezioni di Sir Arthur Evans, l’esploratore di Creta
antica e dei palazzi minoici, vi scorgono l’immagine di un labirinto,
l’ingresso di una tomba mistica, di un antro spalancato che metteva in
comunicazione il mondo sublunare con il mondo infernale.

Tutto ciò appare piuttosto fantastico. almeno sino a quando non sarà
effettivamente stabilito a quale popolo e a quale civiltà appartenesse
Stonchenge.

E’ impossibile, oggi, collegare Stonehenge a questa o quella civiltà
conosciuta, della Gran Bretagna o del continente. Naturalmente si è parlato
dei Druidi, ma è noto che ad essi non appartiene alcun monumento dell’epoca
del Bronzo o dei periodi anteriori. Dal XVIII secolo in poi si sono
collegati i Druidi con Stonehenge senza supporto alcuno, e ciò ha condotto
soltanto ad un vicolo cieco. I Druidi arrivarono nella Gran Bretagna non
prima del V secolo a.C. ma Stonehenge è, con ogni evidenza, appartenente ad
un periodo storico molto più antico.

In generale si ammette che il monumento possa appartenere alla fine del
periodo Neolitico britannico o all’inizio dell’Età del Bronzo. Questo perché
si sa che alcune popolazioni neolitiche avevano l’abitudine di innalzare
monumenti megalitici e anche perché diversi oggetti ritrovati a Stonehenge
appartengono a tale epoca. Si noterà tuttavia che nessun monumento
dell’epoca neolitica si apparenta, sia pur da lontano, a Stonehenge. Se
dunque accettiamo l’ipotesi neolitica la realizzazione del monumento sarebbe
avvenuta intorno al 1800 a.C.

Stuart Piggott, dell’Università di Edimburgo, che di recente ha studiato
Stonehenge, ritiene che il monumento appartenga a due periodi. Assegna
l’area rituale, il fossato e le buche Aubrey alla fine del Neolitico verso
il 1900-1800 a.C. e gli oggetti trovati presso le Bluestone, il Sarsen
Circle e le altre pietre in esso contenute, intorno al periodo compreso tra
il 1500 e il 1300 a.C. Ricollega così Stonehenge alle collinette rotonde
della civiltà del Wessex, verso la fine della prima età del Bronzo.

R.S. Newall, al contrario, distingue cinque stadi di costruzione, ma fa
rilevare che è impossibile decidere se essi fanno parte di un solo e unico
progetto oppure se è trascorso un periodo di tempo più o meno lungo fra
ciascuno di essi. In contrasto con Piggott, Newall ritiene che i cinque
gruppi di archi che formano a Stonehenge il cerchio esterno a ferro di
cavallo, somigliano stranamente, per la loro forma, a quei cortili esterni
ai “cairn” dell’Irlanda settentrionale che sono unanimemente assegnati
all’epoca neolitica.

Nel 1951, l’Università di Edimburgo decise di iniziare una nuova serie di
ricerche a Stonehenge. La spedizione era diretta da Stuart Piggott
accompagnato da RJ.C. Atkinson, da J.F.S. Stone e da R.S. Newall. La
missione si era proposta il compito di studiare soprattutto il problema
della data di erezione delle diverse parti del monumento e di stabilire un
rilievo fotografico completo.

La Hell Stone è la pietra di volta sulla quale si fonda l’intera teoria
solare e fu pertanto su di essa che si appuntarono le ricerche degli
scienziati. Fu praticata una analisi accurata del terreno ai piedi della
medesima e i resti che furono raccolti, una volta analizzati con il metodo
del carbonio radioattivo, fornirono la data del 1848 a.C. con un errore
possibile di 275 anni.

Appare evidente la coincidenza di tale data con quelle già precedentemente
indicate. Le buche “V” e “Z” fornirono parimenti alcune materie organiche
che permisero di fissare la loro data al 1500 a.C. corrispondente all’età
del Bronzo.

Una serie di immagini scolpite sulla pietra n. 53 raffiguranti una scure e
un pugnale fornirono altri argomenti di indagine che ancora oggi sono
rimasti al semplice stato di ipotesi.

Le lame di scure, raffigurate in grandezza naturale sulla pietra di
Stonehenge, non creano difficoltà di interpretazione. Sono tutte del tipo
usato in Inghilterra nell’età del Bronzo e un esemplare di questo tipo è
stata trovato non lontano da Stonehenge e si trova oggi nel museo di
Salisbury. Invece il pugnale trovato inciso sulla pietra 53 è di tipo
sconosciuto nell’Europa occidentale di quell’epoca. Tale forma è di un tipo
scoperto sulla costa dell’Egeo. Infatti una stele che sormonta una delle
tombe preomeriche di Micene, ci fornisce un modello simile di tale arma. In
essa vediamo raffigurato sopra un carro un guerriero armato di uno di tali
pugnali. a lama triangolare. Le tombe di Micene sono assegnate al 1600-1500
a.C. Se dunque le sculture di Stonehenge raffigurano ciò che pare sia
ammesso da tutti, un pugnale di tipo miceneo, avremmo una nuova indicazione
di possibili rapporti tra il mondo Egeo e la Gran Bretagna durante l’età del
Bronzo.

Ma il mistero tuttavia perdura completo, sia circa l’architetto, sia circa
il popolo che si recava a Stonehenge per adorare il sole.

Quale fu il popolo che spostava come per gioco tali massi di pietra? Quali
riti esso celebrava con lunghe processioni che percorrendo il viale a passi
lenti si dirigevano verso il santuario?

Nei secoli trascorsi. erano offerti solo canti e preghiere oppure su quelle
enormi e immense lastre di pietra, la Pietra del Massacro e l’Altare colò il
sangue e al sole, fonte di ogni vita, furono offerti come nel Messico, cuori
ancora palpitanti? Non sapremo mai niente di tutto ciò.

Talvolta dobbiamo rassegnarci a non sapere mai. Dopo il Mago Merlino, dopo
la Danza dei Giganti, ecco ora che appare anche lo spettro di Dedalo che,
proveniente dalla lontana Grecia anche lui erra, tra le rovine di
Stonehenge, come il principe Oberon e il folletto Puck, il re Artù, la fata
Morgana e i Cavalieri della Tavola Rotonda.

Il mistero rimane intatto!

Nota

Anche la letteratura si è ampiamente impadronita del mito di Stonehenge.
Recentemente Edward Rutherfurd nel suo libro “Sarum” narra diecimila anni di
storia, dall’ultima era glaciale ai giorni nostri, della magica piana di
Sarum, nome anglo-latino di Salisbury, in mezzo alla quale sorge il tempio
misterioso di Stonehenge, cuore geografico e spirituale dell’Inghilterra,
crocevia di popoli e microcosmo ove si rispecchiano tutte le appassionanti e
complesse vicende che hanno fatto la grandezza del nostro continente e dei
popoli dai quali ognuno di noi discende.

 

                

 

 

 

 
 
 

 

 


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*STONEHENGEultima modifica: 2008-06-07T00:10:00+02:00da lauratani
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3 Commenti

  • Un sorriso e Buon WeekEnd :))

  • non so perchè….ma leggendo questo post mi sono sentita come a ..casa.
    Buon WE.

  • ciao laura….come mai hai tolto la chat….era così…comoda!!!!:-)
    cmq…volevo salutarti e sapere come hai passato il weekend….
    a presto, kissesssssss