il cassetto degli appunti

MA FORSE C’E’ SPERANZA…



Disabili, quando la società non sa “vedere” DI FRANCO IEVA

Avevo nove anni quando mio padre per una malattia, errore medico, il caso e la malasorte rimase seduto su una carrozzina. Lui ne aveva 39. Sono cresciuto tra persone con handicap, disabilità grandi e piccole e in mezzo ai mille problemi che le vite, a torto considerate non completamente normali, elargiscono con tanta solerzia.

Ma in realtà mi considero fortunato perché tutto ciò mi ha permesso di essere spettatore privilegiato di un mondo sconosciuto ai più e che non è tutto lacrime e dolori come può sembrare.

Poi un’altra grave disabilità ha colpito da vicino la mia famiglia. Se non altro si parte già da una solida base.

È praticamente impossibile trovare un’adeguata sensibilità tra chi non è investito (e prendetelo proprio nel senso letterale del termine) da questi problemi. Però stride sempre più il contrasto tra una società normale (lasciamo perdere quella ideale) e quella in cui ci ritroviamo.

Questa società è handicappata. Il termine che i disabili non vogliono più per loro è davvero adatto per la nostra civiltà attuale. Perché è una società che non sa “vedere” le persone con abilità diverse e per risparmiare, vuole omologare tutto e tutti in standard “normali”. Definisce diritti e poi non li applica. Ti dà sulla carta e ti obbliga a penose trafile nella realtà.

È una società che produce persone non più in grado di accorgersi, rispettare e – men che meno – di farsi carico delle diverse abilità che, in fondo, ciascuno di noi ha.

Chi non è capace a camminare, chi non riesce a vedere, chi non sente, chi non è capace a fare i conti senza calcolatrice, chi non sa arrampicarsi su un albero, chi non sa fare un chilometro di corsa, chi non sa nuotare e chi non è capace ad andare in bicicletta. Le infinite diversità fra gli esseri umani: ognuno di noi è diversamente abile.

Il progresso dovrebbe portare ad un grado di civiltà e cultura superiore, invece da più fonti si registra un imbarbarimento generale dei rapporti civili. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, basta aprire un quotidiano. Ma per chi deve contare sui propri diritti per vivere meglio ormai siamo ai livelli di lotta continua.

Un esempio eloquente sono i parcheggi per i disabili, sempre occupati da auto con e senza cartellino. Molti usano il cartellino del parente a casa o defunto, occupando così un posto prezioso per altri. Forse non sanno (o fanno finta di non sapere) che per usare il posto non basta il cartellino, ma occorre il disabile intestatario. Molti altri parcheggiano e basta.

Per tutti, la sanzione andrebbe da 74 a 296 euro oltre alla perdita di due punti sulla patente e la possibile rimozione del mezzo. Purtroppo i controlli sono davvero pochi, così come i vigili. E i “nuovi barbari” ne approfittano.

Basta fare un giro nei supermercati per rendersi conto dell’occupazione abusiva dei posti. Un giorno una distinta signora, ben vestita, con macchinone di lusso ha occupato con noncuranza il posto per disabile. Alla mia contestazione ha risposto seccata: “Chissenefrega”.

I nuovi barbari, appunto.

Un consiglio: se vi capita un parcheggio occupato abusivamente, chiamate sempre i vigili. Anche se non siete disabili, ma vi fa rabbia il sopruso o l’arroganza. Tutte le volte che li ho chiamati sono sempre stati molto disponibili.

Il disabile potrebbe anche parcheggiare dietro l’auto che occupa il posto e poi scendere.

Personalmente l’ho fatto. La persona dell’auto bloccata voleva chiamare la polizia. Poi ha capito che avrebbe perso due punti sulla patente, oltre alla multa. e ha chiesto scusa infinite volte…

E gli abbassamenti dei marciapiedi nei pressi degli incroci non servono per poter metter meglio le ruote delle auto, ma come passaggio per carrozzine e passeggini.

E i signori che hanno i cani si sono mai chiesti cosa succede quando una ruota di una carrozzina pesta una cacca lasciata a terra e poi la persona deve spingersi? O forse occorre una dimostrazione pratica? E poi, e poi, e poi…

Ottenere la pensione, servizi necessari, terapie mediche, permessi lavorativi, ausili generali e altro: è sempre una costante, continua e snervante lotta.

 

 

Ma forse c’è speranza.

Franco Ieva

 

MA FORSE C’E’ SPERANZA…ultima modifica: 2008-09-21T23:58:00+02:00da
Reposta per primo quest’articolo