I FATTI – Rachel arriva da Olympia, nello stato di Washington, in Palestina nel gennaio del 2003 per unirsi agli attivisti dell’International Solidarity Movement e partecipare ad azioni di resistenza non violenta all’occupazione militare israeliana. E muore. Muore, mentre tenta di fermare la demolizione di una casa. Pratica, questa della demolizione, che lascia senza tetto più di 13mila palestinesi dall’inizio della seconda Intifada (settembre 2000). La stessa ruspa (di fabbricazione Caterpillar) che travolge Rachel fa parte degli aiuti che annualmente Israele riceve dallo zio Sam. Roba da 4-5 miliardi di dollari l’anno. Un altro particolare: negli Stati Uniti esiste una legge che proibisce l’uso dei rifornimenti inviati all’estero per colpire la popolazione civile. Anche sulla morte di Rachel ci sono due versioni. Omicidio volontario versus omicidio colposo? Il governo israeliano si autoassolve un mese dopo, individuando le responsabilità nei comportamenti “Pericolosi, irresponsabili e illegali” degli attivisti dell’ISM (ricordate il ragazzo di piazza Tian’anmen?).
LA VERSIONE ISRAELIANA – L’ambasciata di Israele presso la Santa Sede scrive cosi: ”Durante un’operazione di bonifica di un’area in cui erano nascosti congegni esplosivi, che i terroristi erano intenzionati ad utilizzare contro soldati e civili israeliani, un gruppo di membri dell’Ism è entrato nella zona delle operazioni cercando di bloccarle. I soldati israeliani hanno tentato di allontanare i dimostranti e nello
DOMANDE – Leggendo queste righe non si capisce una cosa: gli attivisti sono a conoscenza o no dell’esistenza di questi esplosivi? Se si, e non sono lì (ignari) per impedire la demolizione delle case, allora sono collusi con i terroristi. Questa è un’accusa gravissima. Rachel muore perché tenta di impedire un’azione di bonifica di un terreno in cui sono nascosti congegni esplosivi che i terroristi palestinesi avrebbero poi usato contro l’esercito e la popolazione civile israeliana? Rachel e gli attivisti di ISM sono accusati con le loro azioni di coprire e proteggere gli arsenali dei terroristi palestinesi? Gli attivisti di ISM in quei giorni sono lì per mettere in pratica azioni di resistenza non violenta contro la demolizione della case. Anche Rachel è lì per quello in quel maledetto 16 marzo.
L’ALTRA VERSIONE – Loro hanno un’altra versione della storia: quel giorno Rachel porta la pettorina arancione proprio per essere visibile. Si arrampica sulla montagna di terra che la pala accumula arrivando fino all’altezza della cabina del guidatore. Il bulldozer non si ferma, (forse per un tragico errore), Rachel scivola, la terra la seppellisce e la pala meccanica la colpisce due volte infierendo sul suo corpo. “Non può non averla vista”, dice uno di quelli che è con lei. Nel testo dell’ambasciata si parla di terroristi, congegni esplosivi e bonifiche. Non c’è nessun accenno alla demolizione delle case. Non c’è nessun colpevole, se non la malasorte, per la morte di una ragazza di 23 anni. Quel testo è un vero e proprio insulto alla memoria di Rachel Corrie, attivista statunitense. L’incubo raccontato a sua madre si trasfigura nel braccio meccanico che le sfonda il cranio e le spezza la colonna vertebrale. Questa è la verità che non si può smettere di raccontare.