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Ott 3, 2009 - messaggi    7 Comments

SAN FRANCESCO

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Quando san Francesco portò la sua umiltà a Imola

Durante i suoi viaggi il poverello d’Assisi approdò sul Santerno

Per un francescano secolare è sempre un piacere poter ricordare il fondatore dell’Ordine a cui appartiene, san Francesco di Assisi, il santo poverello, patrono d’Italia, degli ecologisti, degli uccelli, degli animali, dei commercianti e di lupetti e coccinelle scout.
Per ricordarlo, vorrei parlare di un personaggio che conosciamo poco del passato della nostra città. Qualcuno ha detto di lui che è la persona che più di ogni altra, nella storia, ha dato impulso e sviluppo alla città di Imola, tanto che gli è stato dedicato l’atrio di ingresso del Palazzo Comunale. Davvero Mainardino degli Aldighieri doveva essere un notevole personaggio. Della stessa famiglia di Dante, che nacque una decina di anni dopo la sua morte, Mainardino fu vescovo e podestà di Imola. Collaboratore di Federico II di Svezia, fu un importante storico e un intelligente politico; tra le sue opere imolesi si può ancora ammirare il palazzo comunale nella parte più antica, verso via san Pier Crisologo. Fu anche un ecclesiastico capace di progetti innovatori, ma incappò in un incidente di percorso, rimasto famoso perché riportato dalle Fonti Francescane e scolpito “ad imperitura memoria” nella lapide murata nella facciata del vescovado. Non seppe subito riconoscere la santità di san Francesco d’Assisi e ne respinse l’offerta di predicare al popolo con un duro: «Frate, basto io per predicare al mio popolo». Capita che i grandi siano sfiorati dalla presunzione di esserlo veramente e finiscano col perdere buone occasioni. Ma Francesco era più grande di Mainardino, almeno nell’insistente e decisa voglia di essere cantore delle bellezze del creato a tutti i fratelli, così, messo alla porta, non tardò a ripresentarsi per ripetere la richiesta di poter predicare, sfidando l’adirato vescovo con una delle sue uscite: «Signore, se un padre caccia il figlio da una porta, il figlio non può che rientrare dall’altra». La storia dice che in quel momento il grande vescovo fu vinto dall’umiltà del santo e, in un abbraccio liberatorio, gli diede il permesso di predicare nella nostra diocesi imolese, lui e tutti i suoi frati, per l’avvenire: «La santa umiltà ve lo ha meritato». Si è grandi anche nel riconoscersi in errore.
Più conosco san Francesco e più mi chiedo come abbia fatto, con i mezzi a disposizione, tra il 1205, anno della conversione e il 1226, anno della morte, a visitare tanti posti per predicare pace e fratellanza. Imola fu solo una breve tappa, tra incontri con i Papi, con il sultano d’Egitto e su e giù per l’Italia, con la spinta d’un gigante e una salute disastrosa, al punto di trascorrere gli ultimi anni nella cecità. Eppure non s’arrendeva mai, così come non s’arrese al primo rifiuto del vescovo Mainardino. E così Imola è finita nella grande storia francescana.


Saverio Orselli

Set 27, 2009 - messaggi    10 Comments

Ricevuto da Paola dei gatti

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A voi streghe:

Un giorno, il giovane re Artù fu catturato ed imprigionato dal sovrano di un regno vicino.
Mosso a compassione dalla gioia di vivere del giovane,piuttosto che ucciderlo, gli offrì la liberta’,a patto, però, che rispondesse ad un quesito molto difficile:

“Cosa vogliono veramente le donne?”

Artù avrebbe avuto a disposizione un anno,
trascorso il quale,nel caso in cui non avesse trovato una risposta, sarebbe stato ucciso.

Un quesito simile avrebbe sicuramente lasciato perplesso anche il più saggio fra gli uomini ed al giovane Artù sembrò una sfida impossibile,tuttavia, avendo come unica alternativa la morte,Artù accettò la proposta,e fece ritorno al suo regno.

Ivi giunto, iniziò a interrogare chiunque:
la principessa, le prostitute, i sacerdoti, i saggi, le damigelle di corte e via dicendo,

ma nessuno seppe dargli una risposta soddisfacente.

Ciò che la maggior parte della gente gli suggeriva era di consultare una vecchia strega, poiché solo lei avrebbe potuto fornire la risposta, ma a caro prezzo, dato che la strega era famosa in tutto il regno, per gli esorbitanti compensi che chiedeva per i suoi consulti.

Il tempo passò… e giunse l’ultimo giorno dell’anno prestabilito,
così che Artù non ebbe altra scelta che andare a parlare con la vecchia strega, che accettò di rispondere alla domanda, solo al patto di ottenere la mano di Gawain, il piu nobile dei Cavalieri della Tavola Rotonda, nonchè migliore amico di Artù!

Il giovane Artù provò orrore a quella prospettiva…
la strega aveva una gobba ad uncino, era orrenda, aveva un solo dente, puzzava di acqua di fogna e spesso faceva anche dei rumori osceni!

Non aveva mai incontrato una creatura tanto ripugnante.
Percio si rifiutò di accettare di pagare quel prezzo e condannare,cosi’, l’amico a sobbarcarsi un simile fardello!
Gawain,venuto al corrente della proposta, volle parlare ad Artù dicendogli che nessun sacrificio era troppo grande per salvare la vita del suo re e la tavola rotonda, e che quindi avrebbe accettato, di buon grado, di sposare la strega .

Il loro matrimonio fu pertanto proclamato, e la strega finalmente rispose alla domanda:
“Ciò che una donna vuole veramente :
è : essere padrona della propria vita”.
Tutti concordarono sul fatto che dalla bocca della strega era uscita senz’ altro una grande verità e che sicuramente la vita di Artù sarebbe stata risparmiata.

Infatti il sovrano del regno vicino risparmiò la vita ad Artù, e gli garantì piena libertà.
Ma che matrimonio avrebbero avuto Gawain e la strega?
Artù si sentiva lacerato fra sollievo ed angoscia, mentre Gawain si comportava come sempre, gentile e cortese.

La strega al contrario esibì le sue peggiori maniere…mangiava con le mani, ruttava e petava, mettendo tutti a disagio.

La prima notte di nozze era vicina, e Gawain si preparava a trascorrere una nottata orribile,
ma alla fine prese il coraggio a due mani, ed entrò nella camera da letto, ma … che razza di vista lo attendeva!

Dinnanzi a lui, discinta, sul talamo nuziale,
giaceva semplicemente la più bella donna che avesse mai visto!

Gawain rimase allibito, e non appena ritrovò l’uso della parola
(il che accadde dopo diversi minuti), chiese alla strega cosa le fosse accaduto.

La strega rispose che era stato talmente galante con lei
quando si trovava nella sua forma repellente, che aveva deciso di mostrarglisi nel suo altro aspetto, e che per la metà del tempo sarebbe rimasta così,mentre per l’altra metà, sarebbe tornata la vecchiaccia orribile di prima.

A questo punto la strega chiese a Gawain quale dei due aspetti avrebbe voluto che ella assumesse di giorno,… e quale di notte.

Che scelta crudele! Gawain iniziò a pensare all’alternativa che gli si prospettava:
una donna meravigliosa al suo fianco durante il giorno, quando era con i suoi amici,
ed una stregaccia orripilante la notte?

O forse la compagnia della stregaccia di giorno
e una fanciulla incantevole di notte, con cui dividere i momenti di intimità?

Voi cosa avreste fatto?
La scelta di Gawain è distante solo un paio di righe…
ma non leggete, finchè non avrete fatto la vostra scelta!

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Il nobile Gawain disse alla strega che avrebbe lasciato a lei la possibilità di decidere per se stessa.

Sentendo ciò, la strega gli sorrise, e gli annunciò che sarebbe rimasta bellissima per tutto il tempo,proprio perchè Gawain l’aveva rispettata, e l’aveva lasciata essere padrona di se stessa!

La morale di questa storia?
Non importa se la tua donna è bella o brutta, se è intelligente o stupida……….
in fondo in fondo è sempre una strega!!!
Con questa mail ti è stata spedita la FortUna;
non la Fortuna con la F maiuscola, ma addirittura la FortUna con la F e la U maiuscole.

Qui non badiamo a spese.
Da oggi avrai buona fortuna, ma solo ed esclusivamente se ti liberi di questa storia
e la fai leggere a tutte le streghe che conosci (presumo tantissime) e agli uomini che sanno esser cavalieri.

Set 23, 2009 - messaggi    15 Comments

Mandiamo a casa i ladri del nostro tempo e non lasciamoli impuniti

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Ce ne sarebbe da dire di “cotte e di crude” per spiegare cosa possa significare il titolo che abbiamo dato a queste righe, ma crediamo che chiunque legga abbia gia’ colto a volo il significato, perche’ non c’e’ nessuno che non abbia a che fare quotidianamente con questi ladri. Il problema e’ ben conosciuto e, purtroppo, mal gestito nella maggior parte dei casi.
Facciamo un esempio molto frequente.
La Telecom invia a casa una bolletta con dei consumi che non vi tornano. Se non sono pochi euro (che spesso non ci si fa caso o passano inosservati) il primo istinto e’ telefonare al gestore, che, dopo che ci avrete messo una marea di tempo per parlare con qualcuno, mai riconoscera’ di avere sbagliato. E gia’ qui qualcuno si perde per strada e rinuncia. I piu’ tenaci o sanno come fare o ci scrivono o telefonano per chiedere un consiglio, dopodiche’ parte la raccomandata A/R di messa in mora e se non si ottiene alcun risultato, sempre i piu’ tenaci rispetto a quelli gia’ tenaci di prima, andranno al Corecom e, proprio quelli che sono incazzati, se non ottengono nulla vanno dal giudice di pace e qui, magari, riescono finalmente ad ottenere qualcosa…. compresi eventuali rimborsi per tutta la trafila che hanno dovuto seguire e pagare.
Il problema che qui evidenziamo e’ proprio quello di questa trafila, che e’ tale anche solo se dobbiamo telefonare al gestore o dobbiamo inviargli una raccomandata A/R e magari tutto si sistema con un rimborso sulla prossima bolletta. E magari l’ottenimento del rimborso fa contenti: a ‘sto giro il mastodonte della Telecom (o chi per esso) non mi ha fregato.
Ma perche’ dobbiamo essere contenti e basta? Perche’ dobbiamo perdere il nostro tempo, e i nostri soldi per colpa di questo gestore e il chiarimento del presunto loro disguido ci dovrebbe soddisfare?
Non va bene! Non e’ giusto! Il fatto che accada spesso non li fa rientrare in quelli che potrebbero essere normali disguidi fra un fornitore di servizi e i propri clienti. A nostro avviso- il ‘disguido sistematico’ e’ da annoverare in una sorta di disegno criminale a scopo estorsivo che, fidando sul fatto che spesso si tratta di piccoli importi “invisibili”, viene perpetuato di continuo.
E’ giusto e doveroso quindi che contro i ladri del nostro tempo, della nostra tranquillita’, del nostro portafoglio, si esiga il dovuto in denaro sonante. Non domandarlo, non esigerlo, ci rende in un certo modo complici di questi crimini.
Ed e’ bene ricordarlo: questi ladri del nostro tempo non sono solo tra i gestori telefonici, ma sono:
– in Comune, quando scelte amministrative sbagliate ci fanno stare intasati per ore in code automobilistiche assurde, o ci rendono complicata la mobilita’ per i continui ed eterni lavori di presunto risanamento dei servizi e del territorio;
– nei vari uffici di qualunque istituzione dove, per i comodi loro e dei cosiddetti diritti dei loro dipendenti, sono gli utenti/sudditi che ne soffrono: agenzia delle entrate, poste, treni, asl e cosi’ via.
Insomma, crediamo di esserci spiegati: se li lasciamo impuniti, levatasi la pulce nell’orecchio rappresentata dal singolo fastidioso cliente/utente/suddito, continueranno imperterriti. Non dobbiamo consentirglielo.
Editoriale di Vincenzo Donvito

Set 21, 2009 - messaggi    15 Comments

FORTUNA?SFORTUNA?CHI LO SA!

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Un vecchio contadino aveva un vecchio cavallo per il lavoro dei campi. Un giorno il cavallo scappò in montagna, e quando tutti i vicini del contadino deplorarono la sua sfortuna, il contadino rispose: “Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?”.

Una settimana più tardi il cavallo tornò dalla montagna con una mandria di cavalli selvaggi e questa volta i vicini del contadino si congratularono con lui per la sua fortuna. La sua risposta fu ancora: “Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?”.

Quando il figlio del contadino tentò di domare un cavallo selvaggio, cadde da cavallo e si ruppe una gamba. Ognuno considerò ciò come una grossa sfortuna. Non però il contadino, che disse solo: “Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?”.

Un paio di settimane più tardi l’esercito marciò sul villaggio e reclutò ogni giovane utile che potè trovare, ma quando videro il figlio del contadino con la sua gamba rotta, lo rimandarono indietro.Fortuna?Sfortuna?Chi lo sa?

Set 17, 2009 - messaggi    16 Comments

Un violinista nella metropolitana. Una storia vera.

Un uomo si mise a sedere in una stazione della metro a Washington DC ed iniziò a suonare il violino; era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti.
Durante questo tempo, poiché era l’ora di punta, era stato calcolato che migliaia di persone sarebbero passate per la stazione, molte delle quali sulla strada per andare al lavoro.
Passarono 3 minuti ed un uomo di mezza età notò che c’era un musicista che suonava.
Rallentò il passo e si fermò per alcuni secondi e poi si affrettò per non essere in ritardo sulla tabella di marcia.
Alcuni minuti dopo, il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna tirò il denaro nella cassettina e senza neanche fermarsi continuò a camminare.
Pochi minuti dopo, qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma l’uomo guardò l’orologio e ricominciò a camminare. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni.
Sua madre lo tirava, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista.
Finalmente la madre lo tirò con decisione ed il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini.
Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi.
Nei 45 minuti in cui il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un momento.
Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Raccolse 32 dollari. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, ne’ ci fu alcun riconoscimento.
Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei più grandi musicisti al mondo.
Suonò uno dei pezzi più complessi mai scritti, con un violino del valore di 3,5 milioni di dollari.
Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston e i posti costavano una media di 100 dollari.

Questa è una storia vera. L’esecuzione di Joshua Bell in incognito nella stazione della metro fu organizzata dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. La domanda era: “In un ambiente comune ad un’ora inappropriata: percepiamo la bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?”.

Ecco una domanda su cui riflettere: “Se non abbiamo un momento per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose ci stiamo perdendo?”

Tratto: da: washingtonpost.com – thepopuli.it

Set 6, 2009 - messaggi    31 Comments

IL BAMBINO E IL GELATO

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Qualche tempo fa, quando un gelato costava molto meno di oggi, un bambino di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino. Una cameriera gli portò un bicchiere d’acqua.

“Quanto costa una coppa gelato ?” chiese il bambino.

“Un euro” rispose la cameriera.

Il bambino prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle.

“Bene, e quanto costa invece un gelato semplice?”

In quel momento c’erano altre persone che aspettavano e la cameriera cominciava un po’ a perdere la pazienza.

“80 centesimi!” gli rispose in maniera brusca.

Il bambino contò le monete ancora una volta e disse:

“Allora mi porti un gelato semplice!”

La cameriera gli portò il gelato e il conto. Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì. Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo cominciò a piangere perché lì, ad un angolo del piatto, c’erano 20 centesimi di mancia per lei.

Il bambino aveva rinunciato alla coppa gelato proprio per riservare la mancia alla cameriera.

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